Recensione "Bosco Bianco"

Dopo la morte di Chiara Pizzi, Samuele Milleri si ritroverà ad essere il proprietario di metà della villa lasciata dell'anziana signora, insieme a Maia Antonini, figlia di una cara amica della zia.
I due proprietari non si conoscono, ma a causa di problemi economici, Samuele venderà la sua parte dell'abitazione senza pensarci due volte.
Il capo dell'agenzia immobiliare, il signor Razzi, obbligherà il suo migliore agente, Giorgio, a fingersi il signor Milleri, il tutto per convincere Maia a vendere all'agenzia  la sua parte di villa e ritrovare il diario di Albert Grant, che da un'antica leggenda si racconta che sia stato nascosto dallo stesso proprietario nella residenza di Bosco Bianco.


Già dalle prime pagine del romanzo, ho notato un inizio deciso e ben definito, che mi ha dato davvero un'ottima impressione sul continuo della lettura.

Ho apprezzato tantissimo l'ambientazione in posti reali (che tra l'altro sono anche molto vicini a casa mia!) e la descrizione di Bosco Bianco è ben fatta e lascia largo spazio all'immaginazione.

Anche se forse leggendo la trama non si direbbe, il racconto è abbastanza interessante, però avrei preferito la presenza di qualche colpo di scena in più, perché a tratti appare tutto troppo monotono.

Mi sarebbero piaciuto certamente di più se la storia si fosse un po' dilungata, in modo da rendere il romanzo più consistente e non farlo apparire troppo breve e concentrato in poche pagine.

Per concludere, ho apprezzato molto il finale un po' da film che riporta al diario dello scrittore Albert Grant e lascia un velo di amnesia su Giorgio e Maia.

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